L’Italia non è un Paese per bambini
«Troppi sacerdoti nello Stato Usa della Pennsylvania, tra il 4 e il 6% nell’arco di 50 anni, hanno agito contro il Vangelo e contro le leggi. Sarebbe stupido pensare che in altri Paesi come l’Italia non sia accaduto lo stesso». Queste parole pronunciate a fine agosto del 2018 del gesuita tedesco Hans Zollner, in un’intervista ad AgenSir, l’agenzia dei vescovi italiani, seppur ignorate dai grandi media hanno in realtà un valore importantissimo. Mons. Zollner, oltre a essere uno psicologo, è membro della Pontificia commissione per la tutela dei minori e presidente del Centre for child protection della Pontificia università gregoriana. Non esistendo statistiche ufficiali sulla pedofilia nel clero italiano, e non essendo mai stata svolta alcuna inchiesta governativa su scala nazionale su questo particolare fenomeno criminale, la dichiarazione di Zollner è decisiva per inquadrare la situazione – passata e attuale – almeno a grandi linee. E l’unico aggettivo che si può usare per la percentuale del 4-6% da lui indicata è: “mostruosa”, essendo superiore di centinaia di volte a quella di qualsiasi altra professione “scelta” da pedofili per stare facilmente a contatto con dei minori (allenatori sportivi, maestri, educatori, etc). Se a questo si aggiunge che in Italia risiede la più ampia popolazione ecclesiastica del mondo, oltre 50mila persone, se ne deduce che – finché il dato non sarà smentito (e ad oggi nessuno lo ha fatto) – dagli anni 70 la Chiesa italiana ha “ospitato” 2-3mila pedofili (ma 50 anni fa i preti in Italia erano circa il doppio…).
È bene sottolineare che “pedofilia” è un termine improprio giacché di “philos”, di amorevole o amichevole nei confronti del bimbo non c’è nulla, trattandosi di una violenza talmente distruttiva che la psichiatria moderna la definisce un «omicidio psichico». E in tal senso la definizione più precisa è senza dubbio quella dello psichiatra Massimo Fagioli: «La pedofilia è l’annullamento della realtà umana del bambino».
L’assenza di un’indagine governativa sulla pedofilia non è l’unico ritardo dell’Italia.
In violazione della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori non è ancora previsto l’obbligo del cosiddetto certificato antipedofilia per la fascia professionale più rischiosa, ovvero quella del volontariato “minorile”: allenatori di sport, istruttori di vario genere, educatori e così via. Costoro – molti dei quali lavorano per le parrocchie – non devono presentare il documento che attesta la pulizia della fedina penale in riferimento a reati di natura “sessuale”, che ad altri viene richiesto all’atto dell’assunzione.
La pedofilia di matrice clericale rientra in un fenomeno più ampio che qui brevemente descriviamo. Stando al report del Telefono Azzurro pubblicato il 5 maggio 2021, sono le mura domestiche i luoghi in cui più spesso si consuma una violenza nei confronti di minori (55%), seguono la casa di parenti (14%), la scuola (5%), i luoghi aperti (3%), gli impianti sportivi (4%). Nel 21% dei casi il luogo non è noto. In pratica 7 volte su 10 la vittima conosce il suo aggressore. Per arginare questo crimine nel 2007 il Governo ha istituito l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia con tanto di banca dati «per il monitoraggio del fenomeno e delle azioni di prevenzione e repressione». L’Osservatorio avrebbe tra l’altro dovuto redigere «una relazione tecnico-scientifica annuale». Si usa il condizionale perché dal 2007 al 2021 l’Osservatorio ha funzionato solo pochi mesi nel 2020 e non è possibile sapere quando riprenderà l’attività dato che anche il sito è offline.
La pedofilia si interseca spesso con un altro fenomeno criminale che purtroppo attraversa anche l’Italia: la tratta e lo sfruttamento di minori per crimini di natura “sessuale”, o meglio, crimini violenti sotto le sembianze di sesso. Il 30 luglio scorso Save the children Italia ha presentato il Rapporto mondiale “Piccoli schiavi invisibili 2021”. Secondo i dati del Dipartimento per le Pari Opportunità, nel 2020 il sistema anti-tratta italiano ha preso in carico ben 2.040 vittime. Di queste sono donne e ragazze l’81,8%. mentre 1 su 20 è minore (105). Ci sono poi o minori vittime di sfruttamento lavorativo (127), con prevalenza femminile (57,7%). Mentre un ulteriore motivo d’allarme riguarda le donne finite nelle mani di trafficanti con i propri figli minori: questi casi sono raddoppiati in 5 anni e ad oggi il sistema anti-tratta assiste 190 nuclei vulnerabili che comprendono 226 bambini. Non a caso, secondo Save the children, «l’Italia è il Paese con il più alto numero di persone sospettate per tratta di esseri umani, con 4.104 persone coinvolte, a cui però non corrisponde un numero analogo di procedimenti penali».
Copyright Federico Tulli
